La macchina fotografica

La macchina fotografica

sabato 4 gennaio 2014

CHIMICA : La chimica e la tecnologia nella macchina fotografica

Gli esordi della fotografia


Fotografare significa scrivere con la lucei processi chimici a cui questo fenomeno è dovuto si fondano invero sul fatto che la luce è capace di modificare le molecole di varie sostanze che perciò vengono dette fotosensibili. Nel ‘700 gli scienziati Shulze e Wedgwood apportarono
Thomas Wedgwood
importanti sviluppi nel campo: durante alcuni esperimenti con carbonato di calcio, acqua regia, acido nitrico e argento, fu scoperto che il composto ottenuto, fondamentalmente cloruro d’argento, reagiva alla luce cambiando colore. Solo verso la fine del 1700 l’inglese Thomas Wedgwood sperimentò l’utilizzo del nitrato di argento immergendovi dei fogli di carta che espose alla luce, dopo avervi deposto degli oggetti. Si accorse che, dove la luce colpiva il foglio, la sostanza si anneriva, mentre rimaneva chiara nelle zone coperte dagli oggettiA quel punto, sperimentando ulteriormente, ricoprì un foglio di carta bianco con calce e nitrato d’argento, vi sovrappose un altro foglio con disegni e scritte ed espose il tutto al sole: ottenne un’immagine negativa del disegno e delle scritte, la prima fotocopia!

Da questo momento in poi l’argento diventerà l’elemento di base dei processi chimici della fotografia.
C’era solo un unico “piccolo” problema da risolvere: l’immagine non era fissata per sempre ma si anneriva man mano che passavano i minuti.
La svolta arriva ancora una volta ad opera di un chimico, il francese Nicéphore Niepce, che, ricercando un metodo per perfezionare la tecnica litografica giunse alla fotografia.
Nel suo esperimento egli sostituì la tradizionale lastra di pietra usata nella litografia con una di rame e la inchiostrò con un sottile strato di bitume di Giudea, una sostanza discretamente sensibile alla luce, composta da bitume e argilla.  Sovrappose quindi alla lastra l’immagine di un cardinale, l’incisione che voleva riprodurre.  Dopo un’esposizione al sole di ben otto ore, nei punti in cui riuscì a raggiungere la lastra attraverso le zone chiare dell’incisione, la luce sensibilizzò il bitume.
L'atelier de l'artiste, un dagherrotipo del 1837
Nel 1837 Daguerre utilizzò una lastra di rame con applicata un sottile foglio di argento che, posta sopra i vapori di iodio reagiva formando ioduro d’argento. Seguì l’esposizione alla camera oscura dove la luce trasformava lo ione argento in argento metallico. L’immagine non risultava visibile fino alla esposizione a vapori di mercurio. Un bagno in una soluzione di sale comune fissava, sia pur non stabilmente, l’immagine. 





Fotografia con pellicola






















Il supporto per conservare le immagini riprese con la macchina fotografica a pellicola è la pellicola fotografica che è costruita a strati: il supporto base è costituito da un sottile nastro di materiale plastico su cui viene applicato uno strato di gelatina che porta in sospensione dei piccoli cristalli di AgBr. La gelatina usata in fotografia si ottiene tramite la degradazione del collagene, proteina a struttura lineare molto diffusa nel mondo animale. I cristalli di AgBr, detti grani, si preparano trattando una soluzione di AgNO3con KBr; si ottiene, tramite una reazione di precipitazione AgBr che, data la sua scarsa solubilità precipita in cristallini.
I grani vengono poi mischiati a gelatina fusa: si forma una sospensione, detta comunemente emulsione sensibile, che si applica in strato sottile sul supporto. Una radiazione luminosa di giusta frequenza che colpisca i grani di AgBr dà l’avvio a una serie di reazioni concatenate che avvengono ad opera della luce.


Fotografia digitale
Canon SX110 IS


Quando avviene lo scatto vero e proprio, l'otturatore si apre, la luce passa attraverso lenti e filtri e raggiunge il sensore CCDIl sensore ha una serie di photosites (il numero è equivalente ai megapixels della camera) organizzati in una matrice detta Bayer Mosaic, che catturano la quantità di fotoni passata e li trasformano in cariche elettriche.Ogni photosite è coperto da un filtro blue, rosso o verde in modo da catturare solamente uno di questi colori. L'informazione del colore viene trasmessa ad un diodo fotosensibile che assorbe la luce e genera elettroni a seconda dell'intensità della luce stessa. Alla fine della foto (alla chiusura dell'otturatore), le informazioni (le cariche elettriche) vengono inviate una riga alla volta ad un registro.
A questo punto le cariche elettriche vengono amplificate e convertite mediante dei circuiti integrati (Analog to Digital Converter) in informazioni digitali. L'immagine ottenuta viene elaborata, memorizzata in una memoria temporanea (DRAM) e mostrata in formato ridotto sul display LCD della camera.

Fonti:

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